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Buongiorno Bravi lettori! Come va oggi nella vostra parte del mondo? Non so voi, ma io ne ho già avuto abbastanza di questa pandemia di COVID-19. Sciò, pestilenza, sciò! È durato abbastanza!
Oggi negli Stati Uniti abbiamo raggiunto l’amaro record di 3 milioni di morti registrati di COVID-19, in tutto il mondo. Una tragedia terribile e sconvolgente. Gli Stati Uniti rimangono la capitale del COVID del pianeta Terra e, se mi viene detto di restare a casa per lunghi periodi di tempo senza entrare in contatto con altri umani sembra un’impresa facile, c’è solo così tanto allontanamento sociale che una ragazza può prendere prima di posare il telecomando e decidere di prendere in mano le redini della situazione.
Molti di voi sanno che quando le cose cominciano a mettersi male, mi rivolgo ai miei antenati per avere una guida e cercare di capire come hanno affrontato e sono sopravvissuti a situazioni storicamente difficili. Perché la storia ha sempre qualcosa da insegnare su tutto, se la difendiamo e ci affidiamo a lei e alle sue lezioni sul passato, sia nel bene che nel male. Bene, al momento la situazione è sicuramente difficile per molti di noi e, come nazione, non stiamo veramente rendendo giustizia alla scienza, alle conoscenze dei nostri antenati, o alle lezioni che gli dei ci hanno insegnato in passato. Chiaramente adesso gli dei sono incavolati e l’adozione del mask-shaming che abbiamo quindi utilizzato per eradicare il COVID-19 negli USA non li ha compiaciuti, neanche un po’. Così invece di piangere sul mio pultes versato, io sto valutando di alzare la posta in gioco e portare la questione su un terreno in cui possiamo far valere i nostri poteri. Proprio così, gente! E’ ora di prendere in mano la situazione e quale modo migliore per farlo di un po’ di antica religione… un po’ di religione degli ANTICHI GRECI e ROMANI:
E’ giunto il momento di un SACRIFICIO!
Cari lettori, avete letto bene. Andremo a fare un sacrificio, proprio come hanno fatto le nostre antenate e i nostri antenati, per millenni prima di noi, quando la vita era era difficile e loro erano spaventati. Ma prima che mandiate una squadra del PETA a scagliarsi contro di me, prendiamoci un momento per osservare questa pratica nella cultura rituale Greca e Romana:
Sacrificare qualcosa nell’antica Grecia o nell’antica Roma equivaleva ad offrire qualche cosa di valore agli dei in segno di gratitudine, o per richiedere il loro aiuto o il loro favore. Gli dei controllavano ogni cosa, da grano e vino a mare e cielo. Le offerte sacrificali potevano essere qualunque cosa da bestiame e volatili, a frutta, uova o “torte” (pane) fatte con grano e formaggio, come il libum.
Nell’antica Grecia o Roma non tutti potevano disporre facilmente di un animale, così come di qualcosa di perfetto da sacrificare agli dei, perciò erano invece offerte spesso alternative non viventi, come ad esempio: pane modellato con la forma di animali o oggetti; riproduzioni votive in terracotta a forma di cibo; o anche farina pressata a formare delle ostie, come la Mola Salsa, che era offerta a Fornax, la dea dei forni. Il concetto di pane o ostie di farina che vengono usati come alimenti rituali e che rappresentano un’offerta non vivente e un metodo di purificazione può sembrare familiare ad alcuni di noi che sono di fede Cattolica: La Sacra Eucarestia. L’ostia della Comunione (Chiesa Occidentale) e il Prosphoron (Chiesa Orientale) simbolizzano il corpo e la natura di Cristo che ha “sacrificato” sé stesso per i peccati e le colpe di tutti in modo che i suoi fedeli non avrebbero dovuto fare offerte viventi o sacrificare le proprie vite. Per i Cattolici – che sono parte di uno dei contributi storici chiave dell’Impero Romano al mondo moderno – l’ostia della comunione rappresenta il corpo e il sangue di Gesù Cristo attraverso la transustaziazione.
Anche gli affreschi dei lararia Romani rappresentano fonti di testimonianze rituali con osservanza alle pratiche di doni sacrificali e alimenti che erano offerti al posto di animali. Da queste testimonianze, possiamo apprendere come si svolgeva il rituale, per chi era condotto, e quali oggetti erano valorizzati e posti sull’altare. Nelle offerte rituali Romane, le uova erano una scelta popolare, il che ci fa capire che non solo erano apprezzate a tal punto da essere donate agli dei, ma anche che erano facilmente reperibili.
Nell’affresco del lararium che vedete qui sopra, che proviene da una bottega dove si produceva pane a Pompei, vediamo un altare davanti ad una donna (Vesta, la dea del focolare) che è sedura tra due lari. L’altare è affiancato da due serpenti (ciascuno uno spirito custode, o genius loci) e avrebbe tipicamente avuto posto in cima un uovo o due, o probabilmente una pigna o un frutto. Gli alimenti sarebbero stati bruciati e offerti agli dei attraverso il fumo. Lo scopo di questa offerta era di assicurare che lo spazio domestico fosse protetto dagli dei custodi della casa, i lari e i penati, e che la famiglia fosse protetta dal genius, lo spirito del capo della casa.
Quindi, quando una pestilenza arrivava in città, cosa che capitava piuttosto regolarmente nell’antica Grecia e nell’antica Roma, potete stare ben certi che erano ben pronti con un rito e qualcosa di valore da sacrificare agli dei per preservare la propria salute e quella delle loro comunità. E qui è dove il Pharmakos entra in gioco.
Un Pharmakos, in antica Grecia, era un capro espiatorio sacrificale umano. Generalmente un uomo che era brutto, incline al crimine, o aggressivo con le persone attorno a lui. I pharmakos, o pharmakoi (pl.), sarebbero stati l’offerta, l’effettivo sacrificio per placare gli dei e prevenire il prendere piede di una pestilenza. Tuttavia, si discute ancora se i pharmakoi venissero “sacrificati” metaforicamente e semplicemente mandati in esilio, oppure se fossero davvero frustati, lapidati, messi al rogo, e uccisi. Diogene Laerzio (III sec. d.C.) scrive di Epimenide, filosofo Cretese, che teneva sotto controllo un’epidemia attraverso un sacrificio di pharmakoi nel VI sec. a.C.:
“Quindi, quando gli Ateniesi furono attaccati dalla peste, e la sacerdotessa Pizia li esortò a purificare la città, loro inviarono una nave con al comando Nicia, figlio di Nicerato, a Creta per chiedere l’aiuto di Epimenide. Ed egli giunse per la 46° Olimpiade (596-593 a.C.), purificò la loro città, e fermò l’epidemia nella modalità seguente: Egli scelse delle pecore, alcune nere e altre bianche, e le condusse all’Aeropago; e là le lasciò andare liberamente dove preferivano, istruendo coloro che le seguivano di lasciare un segno dove ogni pecora si sdraiava e offrire un sacrificio alla divinità del luogo. E così, si racconta, l’epidemia si fermò. Ecco perché ancora oggi in diverse parti dell’Attica si possono incontrare degli altari senza alcuna iscrizione su di essi, i quali sono memoriali di questo rito espiatorio. Secondo alcuni scrittori egli dichiarò che la peste era stata causata dalla corruzione che Cilone aveva portato nella città e mostrò loro come rimuoverla. Di conseguenza due giovani uomini, Cratino e Ctesibio, furono messi a morte e la città fu liberata dal flagello.”
Ahimè, poveri Cratino e Ctesibio. Chissà in quale modo hanno trovato la loro morte? Il poeta e satirico Greco, Ipponatte, getta un po’ più di luce sulla vicenda nel V sec. a.C.:
“Il pharmakos era un’antica forma di purificazione praticata nel modo seguente. Se un disastro, come una carestia o una pestilenza oppure un’altra piaga, colpiva una città a causa della collera degli dei, si portava l’uomo più brutto di tutti come sacrificio al fine di purificare e curare i mali della città. Lo sfortunato veniva collocato in un luogo appropriato, con nelle sue mani del formaggio, della torta d’orzo e dei fichi essiccati, frustato sette volte sul suo pene con scilla, rami di fico selvatico, e altre piante spontanee, e infine veniva bruciato su un rogo fatto col legno di alberi selvatici e le sue ceneri venivano lasciate al mare e al vento con lo scopo di purificare i mali della città.”
Ipponatte, Frammenti, XIV (Tzetzes, Chiliades)
Caspita! Non sembra anche a voi un gran bel daffare? Sfortunatamente, mi sono lasciata alle spalle i miei giorni da fustigatrice, quindi questo passaggio è escluso. E non ci è consentito accendere dei roghi all’aperto a Malibu, quindi anche questo è escluso. E inoltre non abbiamo la possibilità di prendere l’uomo più brutto del nostro territorio e riempirgli le mani con del formaggio, torta d’orzo, e fichi essiccati… e mandarlo in esilio fuori città per sempre… in modo da purificare le nostre terre da tutti i mali. Pertanto, credo che dovremmo concentrare tutta la nostra energia rituale sull’altra “offerta” menzionata nel passaggio di Ipponatte citato sopra: le torte all’orzo con fichi essiccati e formaggio! Se queste erano preparate per essere offerte agli dei insieme al Pharmakos, perché non offrire le nostre tortine d’orzo al nostro genius protettore della casa? Provare non farà certo male, no? Ecco cosa vi servirà:
Tortine Pharmakos all’Orzo con Formaggio e Fichi
Ingredienti
Tortine all’Orzo
La ricetta che andremo ad usare per le tortine all’orzo fa riferimento al maza, un antico dolce Greco all’orzo, dai Sette Libri di Paolo di Egina:
“Il maza,come spiega Zeunius, era costituito da farina di orzo tostata mescolata con dell’alcol, tipo acqua, olio, miele, ossicrate,ossimele, o acqua al miele.”
I Sette Libri di Paolo di Egina (VII sec d.C.)
- 325 gr di farina d’orzo
- 120 gr o ml (½ bicchiere) di aqua
- 15 gr (1 cucchiaio) di olio di oliva
- 15 gr (1 cucchiaio) di vino bianco
- 30 grammi (2 cucchiai) di latte intero
- 30 grammi di ossimele (2 cucchiai) di miele e aceto combinati tra loro
- opzionale: 5 gr (1 cucchiaino) di bicarbonato di sodio
Guarnizione
- Fichi essiccati
- Defrutum / sapa o melassa d’uva
- Formaggio fresco non salato a pasta pressata o ricotta
- Miele (per ogni evenienza)
- Semi di papavero (per divertirci)
Utensili
- Tagliere
- Strofinaccio da cucina
- Matterello
- Raschietto da cucina
- Taglia biscotti o taglia ravioli
- Carta da forno
- Una frusta da cucina
Preparazione dell’Impasto per la Tortina all’Orzo
- Combinate tutti i liquidi insieme e mescolateli accuratamente con la frusta da cucina.
- Se optate per l’aggiunta di bicarbonato di sodio (che conferirà alla tortina d’orzo una consistenza più leggera), mescolatelo nella farina d’orzo in modo che sia distribuito in modo omogeneo.
- Unite il liquido alla farina e mescolate delicatamente a mano il tutto fino a che non avrete un panetto dalla consistenza soda. Se il vostro impasto è troppo acquoso o troppo secco, aggiungete liberamente un po’ più di farina o di acqua. Lo scopo è ottenere un panetto fermo che sarà facile da maneggiare quando sarà il momento di schiaccialo.
- Coprite l’impasto con un panno da cucina e lasciatelo riposare per 2 ore.
- Nota: Non andremo a impastare o lavorare ulteriormente il panetto d’orzo. Sarebbe inutile farlo. C’è pochissima struttura di glutine in questo impasto quindi si strapperà e si separerà facilmente. Perciò siate delicati.
Cottura delle Tortine all’Orzo
- Preriscaldate in vostro forno a 200°
- Prendete un tagliere ampio e infarinatelo abbondantemente.
- Ponete il panetto al centro del tagliere.
- Infarinate il vostro matterello e stendete la pasta fino a che non raggiunge approssimativamente lo spessore di ½ cm. Se avete usato il bicarbonato di sodio, noterete che la pasta è abbastanza soffice. Spianatela gentilmente, senza applicare troppa pressione.
- Utilizzando la vostra taglia biscotti o taglia ravioli, tagliate con delicatezza le vostre tortine all’orzo e mettetele sulla carta forno posta all’interno della vostra teglia da forno.
- A seconda della dimensione dello strumento usato per tagliare e dello spessore della vostra pasta, otterrete tra le 12 e le 16 tortine.
- Una volta che i biscotti sono a posto nella teglia e sulla carta forno, metteteli in forno per 20-30 minuti. Ancora una volta, questo dipenderà dallo spessore delle vostre tortine. Controllatele dopo circa 20 minuti e se sono ancora troppo pallide… lasciate cuocere finché non diventano dorate!
- Tirate fuori le tortine dal forno e lasciatele raffreddare prima di guarnirle.
Decorazione delle Tortine d’Orzo
- Guarnite ogni tortina su di una superficie da lavoro prima di impiattare e servire.
- Spruzzate la superficie della tortina col defrutum/sapa o con la melassa d’uva nel modo che più si sposa coi vostri gusti.
- Lasciate cadere un cucchiaino di defrutum/sapa o di melassa d’uva giusto al centro della tortina. Servirà per appoggiarci sopra i fichi e il formaggio. Se il vostro defrutum o la vostra melassa è troppo gocciolante, usate una punta di miele denso e vedrete che non gocciolerà.
- Posizionate una fettina sottile di formaggio al centro della tortina e fermatelo con dei fichi entrambi i lati. In alternativa, potete mettere un fico al centro e appoggiare ad esso una fettina sottile di formaggio.
- Opzionale: Cospargete con semi di papavero come ulteriore decorazione e per un’aggiunta di sapore.
Perfetto, ora torniamo agli dei. Lo scopo primario di queste tortine all’orzo è quello di offrirne alcune al nostro genius domestico. Giusto, giusto… So cosa state pensando: “Ma io sono il genio della mia casa!” Lo so, lo so. Anche io sono sono il genio della mia casa… Nessuno si meriterebbe una candidatura al MENSA o un posto da ospite d’onore a Jeopardy più di voi a me, ma non è questo il tipo di genio di cui vi sto parlando oggi. Mi sto riferendo al genius che incarna lo spirito e la natura divina della vostra casa: L’anima della vostra famiglia; lo spirito dei vostri antenati; il potere dell’amore nella vostra dimora.
Quindi, pensando al vostro genius domestico, prendete una delle vostre tortine d’orzo e appoggiatela in un posto qualunque della vostra cosa dove ci sia il “focolare”, sia esso nella vostra cucina o in salotto, o anche nell’ingresso o nella sala più grande della vostra casa, che è dove spesso sono stuati i lararia nella case Romane. Potete farlo tutte le volte che preferite. Quando ponete la tortina all’orzo come offerta al vostro genius, pronunciate le parole: “Sciò, pestilenza, sciò!”… e poi allontanatevi. Adesso potete procedete e mangiarne una o quattro tutte insieme poiché, secondo me, sono una vera squisitezza. In verità mi ricordano dei biscotti “Fig Newton” di epoca Greco-Romana. Delle delizie dalla consistenza gommosa e croccante dal sapore delizioso dei fichi… e con la giusta nota di formaggio cremoso.
Ora, potete dormire tranquilli sapendo che, oltre ad indossare la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza dagli altri, avete fatto un piccolo sacrificio nel vostro impegno quotidiano alla lotta al COVID-19, un sacrificio basato sull’amore e cotto al forno con un bel po’ di forza storica e spirituale. Ed è questo spirito insieme all’amore che proteggeranno voi e la vostra famiglia oltre che la salute all’interno delle vostre mura domestiche dalla pandemia che sta affliggendo le vostre comunità. Ed è questo spirito che sconfiggerà definitivamente il COVID-19 ricordandovi ogni giorno di prestare attenzione ai consigli di scienziati e medici, per ricordare che ci troviamo tutti nella stessa situazione, e dobbiamo essere pazienti e avere fede. Siamo quasi arrivati. Possiamo farlo insieme. Ci vorranno solo alcuni piccoli sacrifici prima che sia finalmente finita.
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