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Come visto nell’edizione di giugno 2021 di National Geographic
Recentemente, mi sto immergendo sempre di più negli archivi documentali archeologici, in cerca di prove sui tanti strani e meravigliosi ingredienti che sono incorporati nei tipi di pane Romano, trattandosi questo di un aspetto integrale (e conseguibile) quando si esplorano le interpretazioni sensoriale del pane Romano. Gusto e consistenza sono determinati dagli ingredienti e dalle tecnologie alimentari che erano usate nel Mediterraneo Romano. Spesso vediamo usate le parole “spelta” e “farro” quando si fa riferimento agli ingredienti del pane Romano ma questa è solo una parte di una visione più ampia. Nel processo di panificazione Romana vi è molto più di semplice farina che tiene insieme una pagnotta, le variabili sono così tante, ecco perché ho deciso di scrivere una serie di post sulle tante varietà di pane Romano e sugli ingredienti di cui erano composti… In quest’occasione, esploreremo un’insolita offerta di pane… nel mentre ci staremo chiedendo: “Ma perché non facciamo più del pane così??!!”
Mentre svolgevo un’ultima ricerca sugli affreschi di alimenti della cultura Classica Mediterranea nel I secolo d.C., mi sono imbattuta in un passo intrigante scritto da Philostratus, un sofista di origine Greca dell’era Imperiale Romana che si era stabilito a Roma. Il passo descrive il dipinto di una natura morta composta da cibo, e un concetto di ospitalità Greca chiamato: xenia. In questi dipinti potremmo incontrare scene di alimenti che vengono presentati agli stessi ospiti o semplicemente raffigurazioni di nature morte di cibo fatte per essere ammirate da un osservatore che è esterno al dipinto. La pittura a cui Philostratus si riferisce rappresenta provviste alimentari che sono offerte a un ospite illustre per far sì che gli ospiti siano informati di ciò che sarebbe stato procurato per loro durante una loro visita. Doveva essere proprio un privilegio! Vi chiederete, ma perché fare tutta questa scena e ingaggiare un artista per dipingere su una tavola una manciata di fichi e conigli? Perché non infilare semplicemente sotto la porta della camera una tavoletta di cera con il menù del giorno come la order-card del Servizio in Camera al Marriott? Bene, ciò che ci racconta questa convenzione, che possibilmente è ciò a cui assistiamo anche in altri affreschi di cibo di epoca Romana, è che probabilmente vi è un po’ di “ostentazione del cibo” ma è anche una rappresentazione visiva di alimenti disegnati e osservati da persone che potevano essere analfabeti. La maggioranza della gente nel Mediterraneo Classico era analfabeta con l’eccezione di alcuni scribi, poeti, autori o membri istruiti delle classi d’élite che costituivano una piccola percentuale della popolazione che comunicava e documentava la storia, la scienza, la natura, le leggi, le opere teatrali e la poesia nelle prove documentarie. Queste prove, ovviamente, includono anche più specifici e brevi comunicati amministrativi scritti come le epigrafi e i graffiti che possono essere trovati dipinti sulle amphorae o sulle mura di Pompei o su scritte commemorative scolpite su una stele o su altre forme di architettura monumentale.
Nella scena di xenia di Philostratus, la descrizione dei dipinti rappresenta un’analisi dei bottini di una fruttuosa giornata di caccia e raccolto. Il passo incomincia con una descrizione di ciò che noi, lo spettatore, stiamo vedendo nella scena di xenia:
“Questa lepre nella sua gabbia è la preda della rete, e seduta sulle sue cosce e muove un po’ le sue zampe anteriori e solleva lentamente le sue orecchie, ma continua anche a guardare con tutti gli occhi e cerca di vedere anche dietro di sé, così sospettosa è lei e trema di paura; la seconda lepre che è appesa alla quercia secca, la sua pancia squarciata e la sua pelle strappata via lungo le zampe posteriori, ne attesta la rapidità il cane che siede sotto l’albero, riposando e mostrando come da solo abbia catturato la preda. Per quanto riguarda le anatre vicine alla lepre (contatele, dieci), e le oche dello stesso numero delle anatre, non è necessario controllarle tastandole, sui loro petti, dove il grasso si raduna in abbondanza negli uccelli acquatici, sono state tutte spennate”.
– Filostrato il Vecchio. Immagini. Xenia II.26 (I sec. b.C.)
Il passo poi cambia così come il dipinto sembra rivolgersi direttamente allo spettatore in quanto gli offre una scelta di altri prodotti alimentari situati nel dipinto:
“Se siete interessati al pane lievitato o ai “pani da otto fette”, sono qui vicino nell’ampio cesto. Se volete un (‘aggiunta di) sapore, avete a disposizione le pagnotte stesse – esse sono state insaporite con finocchietto e prezzemolo e anche con semi di papavero, la spezia che porta sonnolenza – ma se desiderate un secondo piatto, rimandate finché non avete dei cuochi, e condividete cibo che non necessita fuoco. Perché, allora, non prendete della frutta matura…”.
– Filostrato il Vecchio. Immagini. Xenia II.26 (I sec. d.C.)
Vedete anche voi quello che vedo io?… Philostratus racconta di pane che contiene semi di papavero, finocchietto e prezzemolo! Che cosa insolita ed eccitante… e si presenta a “otto fette”…. OTTO FETTE! Cerere abbi misericordia! Il vecchio Fil ci sta forse dicendo che delle pagnotte di Panis Quadratus (conosciuto come Kodratoi dai Greci) possono contenere anche semi di papavero, finocchietto e prezzemolo nella loro ricetta? Suona certamente così, non è vero? Ma prima di andare oltre, prendiamoci un momento per vedere come altri scrittori antichi si riferivano al panis quadratus:
Nell’VIII secolo a.C., Esiodo (Le opere e i giorni, 442) registra il panis quadratus come ‘octáblomon’, descrivendolo come “una pagnotta di quattro pezzi e otto parti”. Nel II secolo d.C., il grammatico romano, Sextus Pompeus Festus (De verborum significatione, XVII:9), descrive i pani a forma di ruota e usati in veste rituale durante la festa dei Summanalia. I pani sono poi indicati come ‘octablómous’ da Filostrato di Lemno (Immagini 2.26. Xenia). È Ateneo di Naucrati (Deipnosophistae, III:114e), che afferma poi che i Romani chiamavano il pane ‘panis’ (Deipnosophistae, III:111c) e che i pani erano conosciuti dai Greci come ‘blomiaioi’ (Deipnosophistae, III :114e), che erano spezzati in parti, erano chiamati ‘kodratoi’ dai Romani. Il nome della pagnotta viene così latinizzato in ‘panis quadratus’. Il poema romano del I secolo d.C. “Moretum” (Appendice Vergiliana; L48) fornisce ai lettori un’immagine reale di come un panis quadratus veniva realizzato in un ambiente domestico da un aratore che segnava la sua pasta di pane in segmenti uguali prima della cottura. Tra Esiodo e Ateneo, sono oltre mille anni di panis quadratus rappresentati nella letteratura greca e romana!
Dopo aver letto questa sezione dello Xenia di Philostratus ed aver fatto maggiori ricerche sugli affreschi Romani di cibo alloggiati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli… ho deciso che avrei dato la priorità a questa ricetta di pane, sperimentandone la ricostruzione, e portandola sul sito senza indugio… dopodiché ho ricevuto una chiamata da National Geografic.
Dopo una serie di conversazioni con un meraviglioso gruppo di persone a Nat Geo (molto presto vi darò maggiori dettagli a riguardo!) mi hanno chiesto se non mi dispiacesse spedire un po’ di pane ai loro uffici a Washington, D.C.. Naturalmente, mi sono felicemente sentita in dovere e ho deciso che avrei ricreato per loro alcune pagnotte di xenia kodratoi, fatte alla vecchia maniera, dall’inizio alla fine. Per questo progetto ho sfoderato il mio arsenale: Popidius, il mio lievito madre che è stato impregnato nei forni di Pompei; il mio fedele mulino a manovella che lavora i cereali meravigliosamente; il calore e l’umidità dell’esterno in estate che porta l’impasto per il pane a lievitare in modo incredibile, e il mio forno a legna rudimentale all’aperto che cuoce il pane fatto a mano meglio di un forno convenzionale, tutti i giorni. Questo progetto di infornata è durato tutto il giorno ed è stata nientemeno che una “one-woman operation” di cottura alla Romana nel mio stesso cortile ( credo che se avessi avuto un mulo ad aiutarmi, sarebbe stato tutto più semplice). Popidius Priscus sarebbe stato fiero di me, ne sono certa. Potrebbe anche aver riso della sua pancia ricoperta di farina vedendomi tirare la manovella del mio mulino vorticosamente, in lieu di un asino… ora dopo ora… cantando le canzoni dei Depeche Mode per tenermi in movimento mentre macinavo due chilogrammi di farina. Ma per tutto questo, per ogni secondo di questo, ne è valsa la pena. Con l’immagine di xenia nella mia mente e l’entusiasmo per i nuovi ingredienti da aggiungere al famigerato Panis Quadratus/pagnotta Kodratoi, mi trovavo nel mio angolo felice da nerd del pane. E so che non sono l’unica nerd del pane qui (sì, sto guardando te, bravo lettore) quindi lascerò questa ricetta proprio qui per voi in modo che possiate anche provarla! Ma prima, una parola sulle varietà di farina nell’antica Roma. Molti tipi di grani cereali erano in uso per fare il pane nell’antica Roma e questi grani avevano pesi variabili, trame diverse e prezzi variabili. E le farine che ogni tipi produceva, a pesi e velocità di estrazione variabili, avevano diversi rapporti di assorbimento d’acqua. Mentre il grano duro potrebbe essere stato il grano più utilizzato per produrre il pane negli ambienti romani del I secolo, non si può escludere che fosse utilizzato anche il grano tenero, in particolare nelle regioni dell’Impero che potevano coltivarlo o permettersi di acquistarlo. Il problema nel distinguere il grano tenero dal grano duro nella documentazione archeologica è che i due non possono essere distinti quando vengono analizzati da archeologi o archeobotanici. Pertanto, tenendo a mente le tue papille gustative e l’integrità dentale, ho scelto di utilizzare il grano comune per la ricetta qui sotto. Secondo me, i pompeiani ricchi probabilmente potevano permettersi il grano tenero e il loro entroterra era la fertile pianura campana!
Per fare il Philostratus Panis con Semi di Papavero, Finocchietto e Prezzemolo, ecco cosa vi occorrerà:
Panis Quadratus di Philostratus con Semi di Papavero, Finocchietto, e Prezzemolo (Per produrre due pagnotte)
*Nota: questa ricetta è ispirata alla ricerca dell’autore ed è sviluppata per un pubblico laico non accademico. Non riflette le quantità o i rapporti degli ingredienti proposti dall’autrice nelle sue pubblicazioni accademiche.
Ingredienti:
- 13 bicchieri / 1,600 gr di farina integrale grezza, concentrata
- 1/2 bicchiere / 80 g di lievito madre (lievito)
- 4+1/8 bicchiere / 1000 g di acqua tiepida*
- 1 cucchiaio / 15 gr di sale
- 1 cucchiaio / 15 gr di semi di papavero
- 1 cucchiaio / 15 gr di semi di finocchietto
- 1 bicchiere / 60 gr di prezzemolo Italiano tagliato finemente a pezzetti
- Farina di semola da utilizzare per lo spolvero
*Nota bene: la scelta della farina (macinata fine / grossolana) può influire l’idratazione dell’impasto. Lavora per ottenere una palla di pasta compatta che non sia appiccicosa e bagnata ma non sia troppo secca e lascia farina dietro. Regola il contenuto di acqua e farina per ottenere un impasto compatto.
Strumenti:
- Spago
- Una bacchetta, uno stecco spesso, o la vostra Pressa Circolare per il Panis Quadratus personalizzata
- Un coltello affilato
Preparazione:
Nota: Se non avete lievito madre a casa, forse dovreste prima prepararlo. Potete usare la ricetta di Plinio il Vecchio su questo sito… oppure puoi aprire le porte dell’inferno e liberare il Kraken e preparando la mia ricetta per Lievito Madre alle Cicerchie che dimezza letteralmente la tua giornata di cottura (e il tuo soffitto). Se conosci Atillius, sai di cosa sto parlando. In alternativa, puoi anche mescolare lo stesso volume di farina e acqua con un cucchiaino di lievito di birra per creare un pan di spagna. Una volta che il pan di spagna sarà lievitato aggiungetelo alla ricetta come antipasto.
Nota: Se volete macinare la vostra farina da soli, inviatemi una mail, e vi potrò indirizzare ad alcuni mulini di pietra a mano sul mercato e a un venditore affidabile.
Preparazione dell’Impasto:
- Cominciate con lo sciogliere il vostro lievito in acqua tiepida.
- Aggiungete i semi di papavero, il sale, il finocchietto e il prezzemolo alla farina e mescolate tutto velocemente e in modo uniforme.
- Aggiungete l’acqua col lievito alla farina e impastate. Potete svolgere quest’operazione in un recipiente ampio o su una superficie pulita creando la classica fontanella (un cratere) nella farina e aggiungendo l’acqua nel mezzo, mischiando la farina asciutta a quella bagnata finché non otterrete una massa di impasto.
- Lavorate l’impasto per 10-15 minuti finché non diventa una massa solida. Diventerà abbastanza denso. Se notate che è troppo secco, aggiungete giusto un po’ d’acqua (non troppa) e continuate ad impastare.
- Mettete il panetto ottenuto in un posto caldo e umido e ricopritelo con uno strofinaccio pulito di cotone. Lo strofinaccio manterrà umida la superficie del panetto.
- Fate crescere il panetto per circa 3 ore.
- Prendete il panetto e tagliatelo a metà. Potete anche usare una bilancia. Ognuna delle metà dovrebbe pesare circa 1,3 kg che è l’equivalente di 4 libre Romane, che è la quantità di impasto necessaria per preparare un panis quadratus standard che corrisponde alla dimensione dei campioni archeologici rinvenuti a Pompei ed Ercolano.
- Allungate e ripiegate l’impasto su se stesso alcune volte. A questo punto, ripiegando le estremità inferiori verso il centro, dategli una conformazione rotonda. Potete usare le vostre mani o un coltello da banco per controllare la base inferiore del panetto e modellarlo mentre lo lavorate.
- Posizionate il panetto su una superficie infarinata o sulla teglia che utilizzerete per infornarlo e copritelo ancora con uno strofinaccio.
- Lasciate nuovamente il panetto a riposare e lievitare per altre 3 ore in un posto caldo e umido.
- Nota: potresti richiedere tempi di lievitazione più lunghi se l’impasto è lento o se la tua cucina è fredda. Date all’impasto il tempo di lievitare un po’ e non cuocetelo troppo presto ma non fatelo lievitare.
Preparazione della Pagnotta:
- Quando i pani sono ben gonfiati, preriscaldate il vostro forno a 200° C (400° F / Gas Mark 6)
- Spolverate la superficie superiore di ogni panetto con farina di semola per creare su di esso un ambiente di lavoro secco.
- Ci sono tre operazioni consecutive da eseguire per creare la famigerata forma di panis quadratus: a) Formare la cintura attorno al perimetro orizzontale del panetto; b) Imprimere gli spicchi sulla superficie superiore del panetto; c) Creare una cavità al centro della superficie superiore del panetto per permettere all’aria calda di cuocere la mollica del pane .
- Iniziate col legare il panetto lungo il suo perimetro orizzontale. Io la chiamo, col termine che usano gli Italiani, la cintura… quindi, diamo una cintura ad ogni panetto. Credo che quella corda fosse legata intorno alla circonferenza del panis quadratus per diversi motivi: per risparmiare spazio sul pavimento del forno durante la cottura; e per permettere che i pani finiti venissero avvolti su pali di legno che erano appoggiati sulle spalle dei venditori ambulanti e dei facchini che li vendevano fuori dai pistrina nelle strade e in macella, come si vede nell’immagine sotto. Dovrete tagliare circa 82 cm di spago (o un po’ di più) e provare ad avvolgerlo attorno al panetto due volte nella sua sezione centrale facendo un nodo unico per assicurare lo spago. Tagliate lo spago in eccesso dal fiocco del vostro nodo.
Gli Otto Spichi e Il Buco
- Usando un metodo di vostra scelta, create otto spicchi sulla cima del panetto. Ciò può essere fatto con lo spago, con una bacchetta, con una canna o con la pressa circolare per il panis Quadratus che trovate attualmente in vendita su questo sito! Uso lo spago perché era già sul tavolo e nelle mani dei panificatori pompeiani.
- Assicuratevi di aver spolverato la cima del panetto con abbastanza farina di semola prima di imprimere gli spicchi. L’impasto è a bassa idratazione così non dovreste avere problemi ad evitare che l’impasto si attacchi al vostro spago o al vostro stecco, assicuratevi che la cima del panetto sia leggermente spolverata di farina.
- Prendete un coltello da cucina, o la punta di una canna, e premete con la sua punta al centro del panetto spingendo in giù in direzione del fondo della pagnotta. Dovete soltanto creare un piccolo buco al centro del panetto, in corrispondenza del suo centro dove convergono gli spicchi, creando in questo modo una cavità che permetta all’aria di passare durante la cottura.
Cottura delle Pagnotte:
- Fate cuocere le pagnotte per 60 minuti.
- Mettete su il tè e datevi una bella pacca sulla spalla! Avete fatto un duro lavoro per mettere le pagnotte in forno!
- Le pagnotte saranno completamente cotte tra 60 minuti quando la parte esterna dovrebbe essere di un bel marrone ambra/dorato.
- Una volta che sono cotte totalmente, togliete le pagnotte dal forno e lasciatele raffreddare per alcune ore…
- E poi comincia il momento per l’assaggio!
Ora è qui che vogliamo tornare ancora alle parole di Philostratus:
“Se siete interessati al pane lievitato o ai “pani da otto fette”, sono qui vicino nell’ampio cesto. Se volete un (‘aggiunta di) sapore, avete a disposizione le pagnotte stesse – esse sono state insaporite con finocchietto e prezzemolo e anche con semi di papavero, la spezia che porta sonnolenza”.
– – Filostrato il Vecchio. Immagini. Xenia II.26 (I sec. d.C.)
Quindi non aggiungiamo nulla a questo pane! Seguiamo quello che c’è scritto, spezziamo il pane a mani nude, e assaggiamo la crosta e la mollica da sole senza né olio, vino, o acqua. Credo che rimarrete sorpresi da come questa pagnotta risulti completa da sola, senza alcun “condimento”, come dice il nostro amico Philostatus.
Questo esperimento ha prodotto una pagnotta aromatica, saporita, ricca e sostanziosa. La mollica è fragrante dagli odori di un giardino d’estate. In questo pane c’è qualcosa di molto estivo, fresco ed erbaceo. E’ difficile da spiegare ma la combinazione di prezzemolo e finocchietto insieme, che è qualcosa a cui la maggior parte di noi non è abituata, aggiunge un sapore alla mollica che è davvero pulito, fresco ed estivo. Detto ciò, questa è anche una pagnotta densa che ha assunto una leggera nota di affumicatura nella sua crosta dovuta al fuoco del forno. E’ inebriante! Nella crosta si percepisce anche un sapore di noci tipico del grano intero, giusto dietro al sapore di finocchietto e di prezzemolo, e una nota di piccante dovuta al lievito che regola alcuni dei sapori fragranti più chiari che vengono fuori quando mordete un seme di finocchietto o beccate uno schiocco di un seme di papavero sulla lingua. E’ veramente piacevole mangiare questo pane da solo senza un accompagnamento, ma se il vecchio Phil si voltasse, potrei essere tentata di inzupparne uno spicchio in una ciotola bollente di brodo saporito, in un bicchiere di vino rosso robusto, o “fare la scarpetta” in un piatto di olio d’oliva piccante.
Preparare questa nuova ricetta di panis quadratus è stato un vero lavoro d’amore e scoperta perché il risultato di questi sforzi non solo è valso una degustazione di pane da National Geographic, ma è stato un esercizio nell’archeologia sperimentale e sensoriale che ha portato alla comprensione di un’area tutta nuova di ingredienti e sapori del pane Romano. Prima il git; e ora questo!
Nella scelta di portare avanti questo esperimento e preparare questa ricetta usando i metodi di preparazione più vicini possibile all’originale, vi erano elementi sensoriali coinvolti nel processo che non potevano essere ignorati; L’odore di legna bruciata nei tuoi capelli e nelle tue mane quando inforni e controlli la temperatura all’interno del forno; la leggera nota di fumo nella crosta del pane; la consistenza più secca e più dura (diversamente dal pane clibanus) che è una cosa comune con un forno a legna ampio; la ruvidezza della farina prodotta per realizzare il pane e risentita prevalentemente nella mollica; la polvere sottile di farina nelle tue narici e nei tuoi occhi durante il processo di macina; il dolore alla tue spalle e alla tua schiena dovuto al macinare e all’impastare; e l’impastare e il macinare ritmici che ti spingono a mormorare e cantare tenendo il ritmo per mantenerti in linea col tuo stesso lavoro. Tutti questi fattori sono culminati nella comprensione di come potesse essere il lavoro manuale in forno Romano dove si usava esclusivamente la forza lavoro umana o dove il mulo si era messo in malattia per un giorno… 😉 E ho fatto solo quattro pagnotte! Se ne avessi fatte 40 credo che sarei finita dal fisioterapista!
Alla fine della lunga giornata di lavoro, sono rimasta fuori sotto le stelle a sfornare le ultime pagnotte dal forno, e ho sentito un enorme senso di soddisfazione e orgoglio per il duro lavoro portato a termine valutando ognuna di quelle forme di pane come il risultato della manodopera e delle risorse con cui ho lavorato. Per me, ognuna delle pagnotte vale una fortuna perché sono state preparate col sudore, il duro lavoro, la legna, il fuoco, la farina, la curiosità, e l’attenzione. Non esiste che abbia lavorato così duramente e fatto delle forme di pane come queste per buttarne via la metà dopo alcuni giorni o per farle diventare stantie sul banco da cucina. Per Ade, neanche per sogno… perché ho sgobbato per un giorno intero per prepararmi il pane quotidiano. E così, bravo lettore, è come la maggior parte dei nostri progenitori si doveva sentire quando coltivavano, raccoglievano, cacciavano, macellavano e preparavano il loro cibo quotidiano con minacce di siccità, carestia, povertà e guerra sempre dietro l’angolo. E ancora oggi noi buttiamo via il nostro cibo… quotidianamente. Senza fregarcene del mondo. Forse, da esperimenti come questo, può venir fuori molto più che semplici dati di archeologia sperimentale o conoscenza dei Romani. Forse sperimentando le azioni e i processi del passato possiamo imparare a capire meglio noi stessi e le nostre stesse azioni? Forse più siamo connessi col cibo o più ci impegniamo a procurarlo, e più ne avremo cura e lo proteggeremo, proprio come i nostri antenati hanno fatto prima di noi.
Buona informata e continuate a cucinare alla vecchia maniera!
Nota: Se avete allergie alimentari o qualcuno degli ingredienti di questa ricetta vi risulta nuovo, vi prego di consultare anticipatamente il vostro allergologo prima di provare nuovi cibi che non avete mai assaggiato! La sicurezza prima di tutto!
Unitevi alla discussione sulla nostra pagina Facebook o lasciate vostro un commento su questa ricetta sotto questa pagina. Se vi piacerebbe chiacchierare in persona con me o anche discutere di qualunque altra ricetta, potete raggiungermi ad uno degli eventi live di The Old-School Kitchen realizzati in un museo o in una sede nelle vostre vicinanze. Adesso potete trovare ulteriori informazioni riguardo agli eventi di quest’anno sulla pagina del Calendario Eventi.
The panis quadratus baked at 200 degrees F? Why so low? Most bread ovens can reach 600 degrees….
Hi Karen! This is Celsus. This is for Italian readers in Europe. The English version has all of the US/Europe/UK temperatures. Link is above at the top of the post.